ASHTANGA YOGA

Ashtanga Yoga, significa: Ashta = otto  Anga = ramo  Yoga = unione.
Il saggio Patanjali, negli Yoga-Sutra, ha descritto gli otto stadi dello yoga che conducono all’illuminazione, come i rami di un albero. Il germogliare e quindi lo sviluppo dei rami dell’albero dello yoga avviene secondo le caratteristiche individuali, così come sono diverse le specie di alberi nella foresta. Ogni albero è proteso verso la luce, la cerca incessantemente, così come ogni individuo cresce verso l’illuminazione.

Gli Otto Rami dello Yoga

Yama: etica, principi universali
Niyama: auto-osservazione
Asana: posture
Pranayama: controllo del respiro
Pratyahara: ritiro dei sensi
Dharana: concentrazione
Dhyana: meditazione
Samadhi: illuminazione, stato di beatitudine e pace, “intuizione completa per sempre”.

L’Ashtanga yoga come metodo pratico, chiamato anche: “Ashtanga Vinyasa Yoga”, è stato trasmesso ai giorni nostri da Sri Krishna Pattabhi Jois che fu direttore e fondatore dell’Ashtanga yoga Research Institute di Mysore in India. Sri K. Pattabhi Jois, aveva appreso questo metodo dinamico di yoga dal suo maestro Sri T. Krishnamacharya. Sri T.Krishnamacharya, aveva appreso il sistema dei Vinyasa dal suo guru Rama Mohan Brahamachari ed aveva memorizzato tutto l’antico manoscritto Indiano: “Yoga Kurunta” che arrivò a lui sempre attraverso il suo guru nel 1900. Lo “Yoga Kurunta”, conteneva tutte le Asana, i Vinyasa, i Bandha ed i Drishti delle sei sequenze dell’attuale Ashtanga yoga.
Sri K. Pattabhi Jois conobbe ed applicò il contenuto dell’antico manoscritto negli anni di studio con Sri T. Krishnamacharya, dal 1927 al 1945. Sri K. Pattabhi Jois ha continuato l’insegnamento secondo l’antico lignaggio fino all’età del suo passaggio a 93 anni.

La regolare pratica dell’Ashtanga yoga, permette di sviluppare gli otto rami dell’albero dello yoga descritto da Patanjali.
Con la pratica, diventiamo sempre più consapevoli della nostra interazione con il mondo esterno e del nostro corpo, sviluppiamo così le qualità di Yama  e Niyama.
Eseguendo i movimenti e le posture focalizzandoci sul respiro, sviluppiamo i rami Asana e Pranayama. Fissando la mente sul suono del respiro e sulla sua qualità, i sensi si ritirano verso l’interno e si sviluppa Pratyara. Più i sensi vengono rivolti all’interno senza vagare esternamente nelle diverse direzioni e più si sviluppa il ramo Dharana, la concentrazione.

La pratica costante nel tempo, s’interiorizza sempre più, migliora la capacità di essere completamente presenti e si sviluppa Dhyana, una profonda esperienza meditativa. Dallo sviluppo dei precedenti rami, permettiamo che il  Samadhi  semplicemente accada.

CINQUE GIOIELLI DELL’ASHTANGA YOGA

Asana
“Asana”, significa: posizione. Un’asana è raggiunta, quando lo sforzo ed il dolore cessano completamente, rimane solo un senso di beatitudine, l’Infinito diventa il proprio contenuto e la sensazione di Unità con il tutto ci appartiene. Dagli Yoga Sutra:  “Sthira-Sukham Asanam”, che significa: “Asana è una postura comoda e stabile”.
Secondo i testi antichi sullo yoga, la pratica delle Asana permette di: “conquistare la morte”, “distruggere la vecchiaia”, “ottenere i Siddhi o poteri”, il corpo quindi, invece di essere fonte di dolore e sofferenza, diventa un meraviglioso mezzo per la libertà da ottenere in questa vita. Attraverso le Asana, assumiamo la forma di animali, come in Kurmasana, la tartaruga o di piante, come in Padmasana, il fiore di loto, oppure di eroi leggendari, come in  Marichyasana, che ricorda il saggio Marichi, oppure anche di oggetti inanimati, come in Navasana, la barca. La pratica delle Asana, ci fa sentire in comunione con tutte le creature animate ed inanimate.
Sri Rama Mohan Brahmachari, conosceva 7000 Asana, mentre il suo discepolo Sri T. Krishnamacharya, sotto la sua guida ne ha apprese 700. Ogni Asana nell’Ashtanga yoga è una preparazione per quella successiva, quindi è importante seguirne l’ordine e la sequenza.

Il Respiro Ujjayi
“Ujjayi”, significa: “Il vittorioso”, è anche chiamato: “Il respiro dell’eroe”.
Questo tipo di respiro viene mantenuto durante tutta la pratica e si ottiene attraverso una parziale chiusura della glottide. Il suono che deriva dall’aria che passa attraverso la gola, ha il sorprendente effetto di creare una profonda quiete mentale, fisica e spirituale, da questa quiete scaturisce la forza; è come un mantra che permette di focalizzare la mente senza distrazioni. Il respiro Ujjayi, permette di fare sia l’ispirazione che l’espirazione abbastanza prolungate tali da poter seguire i singoli movimenti.
Il respiro è la più grande preghiera, ci connette direttamente al Divino, quando inspiriamo, riceviamo con gioia la forza vitale che viene dal Divino e quando espiriamo doniamo la nostra gratitudine con umiltà al Divino.

I Bandha
“Bandha”, significa: legare, afferrare, congiungere; ed anche: posizione in restringimento, contrazione, controllo di parti del corpo. I Bandha, sono barriere energetiche che regolano il flusso di prana nel corpo sottile, impediscono di dissipare energia facendo convogliare il prana nelle nadi o canali energetici, in particolare sono in grado di risvegliare la Kundalini guidando l’energia verso l’alto attraverso il Susumma, che è la nade principale e si trova a livello del midollo spinale   E’ difficile comprendere i bandha con la mente, solamente la pratica costante li renderà tangibili.

Mula bandha
“Mula”, significa: radice, fonte, origine, base. Il blocco avviene a livello della base della colonna vertebrale che è anche la base dell’albero formato dal sistema nervoso, da un punto di vista esoterico, con la pratica del Mula bandha, lo yogi può raggiungere la vera fonte di tutto il creato, o “Mula”, all’interno di sè stesso. La posizione di questo bandha è nei maschi a livello del muscolo del perineo, mentre nelle femmine si trova alla base della cervice, si contraggono i muscoli di queste aree sollevandoli verso l’ombelico, simultaneamente la parte anteriore del basso addome, sotto l’ombelico, viene spinta indietro verso la colonna vertebrale e verso l’alto.
La pratica di contrarre i muscoli interni dello sfintere anale (Asvini mudra), aiuta ad eseguire il Mula bandha. Questo bandha viene mantenuto durante tutta la pratica tranne particolari eccezioni.

Uddiyana bandha
“Uddiyana”, significa: volare verso l’alto. L’Uddiyana bandha completo, viene eseguito espirando completamente e subito dopo tirando all’interno e verso l’alto la parte inferiore dell’addome, mentre si solleva il diaframma. Nella pratica dell’Ashtanga yoga, si tiene un’Uddiyana bandha più lieve, altrimenti quello completo impedirebbe  l’inspirazione, viene  effettuato tenendo un costante controllo della cintura addominale che corrisponde ad una lieve contrazione dei muscoli a tre dita sotto l’ombelico, viene mantenuto per tutta la pratica.
Durante l’inspirazione, per effetto del controllo della cintura, il diaframma va verso il basso massaggiando gli organi addominali, mentre i polmoni sono liberi di espandersi ed il torace di dilatarsi rimanendo flessibile insieme alla corrispondente parte di spina dorsale. Durante l’espirazione, i muscoli della parte inferiore dell’addome si contraggono, permettendo così il completo svuotamento dell’aria dai polmoni.

Jalandhara bandha
“Jala”, significa: rete; mentre “dhara”, significa: sostenere, supportare. Questo bandha si utilizza solo nel pranayama dell’Ashtanga yoga ed avviene spontaneamente in certe asana, come in Salamba Sarvangasana ed in Halasana. Per eseguire Jalandhara bandha, il mento viene spinto leggermente in avanti e poi portato nell’incavo tra le due clavicole, la testa ed il collo sono così ripiegati in avanti.
Nelle tecniche di pranayama dell’Ashtanga yoga, vengono utilizzati i tre bandha insieme, in questo caso si parla di: Trya Bandha, o di Mahabandha, gran blocco.

I Drishti
“Dristhi”, significa: sguardo, ed anche: visione, punto di vista, intelligenza, saggezza. Il Dristhi, è l’uso consapevole degli occhi durante la pratica, lo sguardo viene focalizzato in un punto esteriore, ma in realtà il vero sguardo è diretto interiormente. Il Dristhi, porta a Dharana, concentrazione, e a Dhyana, meditazione; mette a fuoco la coscienza in una visione di Unità, infatti permette di vedere il Divino in tutto e quindi il mondo viene visto in modo corretto.
E’ importante che durante il Dristhi, gli occhi vengano tenuti morbidi e rilassati, evitare di sforzarli, uno sguardo morbido, ci permette di “ammorbidire” l’attenzione portandola oltre l’apparire esteriore, verso la pura essenza interiore. Utilizzare il Dristhi durante la pratica permette anche di allineare il corpo, di dirigere correttamente l’azione durante il movimento e di aiutare il bilanciamento.

Ogni Asana ha un suo Dristhi, ce ne sono nove tipi:

Nasagrai: punta del naso, come in Purvottanasana.
Broomadhya: Ajna Chakra, terzo occhio, come in Urdhva Mukha Svanasana.
Nabi Chakra: ombelico, come in Adho Mukha Svanasana.
Hastagrai: mano, come in Trikonasana e Virabhadrasana B.
Angustha ma dyai: pollici, come in Virabadrasana A.
Padhayoragray: alluci, come in Paschimottanasana.
Parsva  dristhi: a destra, come in  Pashasana
Parsva  dristhi: a sinistra,  “       “           “
Urdva o Antara dristhi: verso l’alto, come in Utkatasana.

Il Vinyasa
“Vinyasa”, significa: respiro sincronizzato con il movimento. La particolarità ed unicità della pratica dell’Ashtanga yoga sono date dal Vinyasa. Il Vinyasa, è il collegamento tra un’Asana e l’altra attraverso movimenti fatti in sincronia con il respiro, è l’unione tra il nostro fisico e la forza vitale, manifesta ed esprime il fluire del prana. Con la pratica dei Vinyasa, movimento e respiro diventano una cosa sola, si manifesta un ritmo che ci permette di apprezzare il ritmo stesso nella nostra vita quando essa è in sincronia con la forza vitale.
Il Vinyasa sviluppa calore, mantiene un flusso di energia all’interno della colonna vertebrale, purifica il corpo ed in particolare il sistema nervoso. Il Vinyasa, attraverso il calore sviluppato, fluidifica il sangue, migliorandone quindi la circolazione negli organi interni, nei muscoli, nelle articolazioni ed in tutto l’organismo, le tossine vengono eliminate. Il sudore che si sviluppa durante la pratica è ricco di sali minerali ed altre sostanze utili per nutrire in modo naturale la nostra pelle.